Friday 21 November 2008

Visa Run

Sono appena tornata dalla mia prima Korean Visa Run in Giappone, Fukuoka, ed ora di nuovo a Seul...

Per chi non sapesse, la Korean Visa Run consiste nel recarsi all' Ambasciata coreana del Paese piu' vicino per ottenere il visto con il quale poter lavorare legalmente in Corea. La cosa assurda-ma quasi divertente-e' che si e' OBBLIGATI a lasciare il Paese e poi rientrare per poter rendere il visto effettivo. Quindi non sarebbe sufficiente recarsi in un ufficio al centro: dopo aver ottenuto il permesso dall'ufficio immigrazione-e spedito tutti i relativi documenti, certificati, referenze etc.-bisogna attraversare il mare, correre all'ambasciata coreana, compilare un modulo, un paio di foto, 6,000 yen e ritornare la mattina successiva per ritirare il passaporto timbrato. Una notte di evasione dalla quotidianita' coreana e per di piu' spesata, in quanto il datore di lavoro di solito dovrebbe preoccuparsi di pagare il biglietto aereo.

In ogni caso: e' fatta. Finalmente ho superato il tedio di una prassi burocratica durata 6 settimane. Di questo noiosissimo ma necessario iter posso pero' salvare la preziosa sensazione di familiarita' una volta tornata in Corea, la scorsa notte. Sensazione del tutto inaspettata. E' stato come se fossi tornata a casa. Non fraintendetemi, adoro il Giappone, penso sia un Paese estremamente affascinante, con una cultura enigmatica e percio' particolarmente attraente. Esteticamente piu' ricco della Corea e anche molto piu' americanizzato. Ne prova il fatto che nell'area di qualche km non ho potuto trovare un ristorante tipico giapponese, ma solo American fast food chains o American Cafe'. Le persone sono cordialissime, gentili e sorridono divertite se uno straniero accenna un saluto in giapponese o un inchino come ringraziamento. Sono particolarmente rispettose e adorabili nel loro modo di behave. 

Eppure, tornata in Corea, gia' dalle prime luci dell'areoporto mi sono sentita avvolta da un senso di sicurezza che non era dovuto al fatto di essere in una citta' meglio conosciuta, ma al fatto di essere NELLA citta'. In Seul. C'e' qualcosa di particolare qui, qualcosa che rende la Corea unica. Forse la genuinita' delle persone, sempre pronte ad aiutarti sinceramente, forse la loro generosita' o la loro ingenuita' quando contano i soldi nella metropolitana o lasciano la porta del negozio aperta mentre sono dal parrucchiere di fronte o mangiano un "kimba" al ristorante vicino. Forse la loro curiosita' ed emozione quando ti fermano per strada perche' vogliono praticare l'inglese o per chiederti "May I help you?" anche quando non hai piu' la faccia smarrita da qualche mese ormai...

C'e' qualcosa d'incontaminato qui, qualcosa che forse si e' perso in Europa: la fiducia nell'altro e il senso palese d'umanita'. Non penso sia qualcosa che altre culture dovrebbero imparare, perche' le realta' sono ben differenti in altri Paesi. Penso solo a quanto sia interessante poter riscoprire e rivivere questo senso di sicurezza qui, in Oriente. Dove proprio non mi sarei mai aspettata. Cosi' lontana da dove sono nata. 

Ma poi che importa la distanza, sono sempre e comunque on the edge.

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