Saturday, 17 January 2009

Language contamination

This morning my students asked me to watch an episode of Friends, obviously in Italian, just to make more bearable this unusual lesson on Saturday.

I did start the movie but I hadn't change the language, so it was actually in English. I didn't realize it until my students told me: "e' in inglese!".

It's the second time that happens. I wonder if my ears are getting used to listening English rather than Italian. But it sounded so much more natural. I also sometimes have trouble writing in Italian, as I construct sentences in an English way which sounds correct at first and weird a few instants later.

Unfortunately, this doesn't mean that my English is perfect: I am just a "victim" of a language contamination and am worried that I may not be able to speak properly any of those languages.... as somebody pointed out...

Thursday, 1 January 2009

New Year in Seoul

Ho cominciato l'anno nuovo schiacciata come una sardina in una folla di migliaia e migliaia di persone  in Seul... non una sensazione piacevole, ma e' una di quelle cose che !tick! dalla lista dei plans...

Lo scopo era quello di sentire il suono della famosa campana di Bosingak, tesoro nazionale coreano, custodita attualmente in un pavillon, ma che durante la dinastia Choson veniva fatta suonare per inaugurare la chiusura o apertura delle porte della capitale. Oggi, ogni 31 di dicembre, la campana e' il centro della cerimonia popolare e i coreani salutano in questo modo l'anno vecchio.

Peccato che abbia potuto ascoltarne il suono solo molto vagamente... ero troppo occupata nel cercare di non essere crushed e nello sgomitare per mantenere uno spazio sufficiente a respirare. Non ho potuto vedere un granche', a parte le spalle di chi mi stava attorno, ma ho potuto fare il count down in coreano e welcoming il NEW YEAR 2009.

Pochi attimi di panico, dissolti in un sospiro di sollievo quando finalmente le strade si sono riaperte e la gente era di nuovo in grado di camminare. 

Un solo commento una volta lontani dalla calca: "that wasn't too bad, was it?"


Friday, 26 December 2008

Christmas in Korea

E' il 26 dicembre. Natale ormai e' passato, senza che neanche me ne accorgessi. E' stato il mio primo Natale lontano dall'Italia e dalla mia famiglia. Interessante direi. Il Natale coreano e' pressoche' inesistente, nonostante sia comunque festa nazionale. Non ci sono piu' luci del solito-il che sarebbe davvero difficile!- ma si respira il clima natalizio nei negozi: lo shopping pre-Natale e' maniacale anche qui e le panetterie cercano di vendere torte con Santa Claus allestendo banchi fuori dai negozi.

Anche io ho fatto shopping, finalmente. E ho assaporato amaramente la necessita' d'imparare a parlare il coreano. Indicare gli oggetti mi fa sentire piu' che un'imbecille. OK, ora so chiedere "quanto costa questo?", ma poi mi perdo nella risposta. Dunque, ho deciso di praticare i numeri chiedendo i prezzi di ogni cosa. Il coreano non e' una lingua che s'impara passivamente. Bisogna studiarla, imparare l'alfabeto e leggere qualunque cosa si veda per strada. Cosi', lentamente, s'impara il suono delle doppie vocali... o doppie consonanti, ma la maggior parte delle volte suonano esattamente allo stesso modo.

Seguirei un corso di coreano se i miei orari di lavoro me lo permettessero. Ma sembra essere difficile. Per fortuna il phrasebook sembra rivelarsi ancora utile. L'unica perplessita' e' che i coreani, nonostante la loro immensa gentilezza, hanno l'irritante abitudine di riderti in faccia spudoratamente ogni qualvolta provi a dire qualcosa nella loro lingua. Ho provato a spiegare che per gli Europei questa e' una pessima abitudine, ma sembra che loro non riescano a trattenersi dal ridere, dal momento che trovano troppo "cute" sentir parlare uno straniero nella loro lingua. Mah. Urge un corso di coreano in ogni caso!

Qui di sotto qualche foto scattata a Natale e alla vigilia!


Sunday, 21 December 2008

La normalita' di un sistema corrotto

Quanto ci si puo' abituare ad un sistema marcio senza rendersi conto che, in realta', non e' normale? Senza realizzare che le cose potrebbero funzionare molto meglio senza un insano do ut des?

Saturday, 13 December 2008

Trip to Gyeongju

Non ho potuto scrivere molto ultimamente, perche' la scuola e le lunghe ore mi hanno assorbito completamente. In realta' le ore reali di insegnamento non sono poi tante, ma le mie split shifts (turni separati) mi creano gaps enormi e non torno a casa prima delle 22.30 di sera per 5 giorni a settimana! Prometto di aggiornarvi presto sulla mia vita in Corea e con piu' dettagli di quanto stia per fare ora.

Lo scorso weekend io e Rob siamo stati a Gyeongju, una citta' a Sud-Est della Corea del Sud, famosa destinazione turistica e capitale durante la dinastia Silla (57 a.c.-935 d.c.). La citta' in se' non e' particolarmente interessante: manca di vita notturna, intense luci al neon e negozi aperti 24 ore su 24. Tutti particolari che sono una costante in Corea!

Nonostante tutto, il Museo e le tombe dei Kingdoms sono abbastanza sorprendenti e degni di essere visitati. Cliccate sul link Gyeongju e potrete trovare alcune foto.

A presto!

Sunday, 30 November 2008

Una legge razzista o una legge contro il razzismo?

L' UE ha raggiunto un accordo contro il razzismo: chi incita pubblicamente all'odio e violenza contro un qualsiasi gruppo o membro di un gruppo definito in base alla razza, colore, religione o discendenza etnica o nazionale rischia sanzioni penali da 1 a 3 anni. Per di piu' chi nega o condona genocidi o crimini contro l'umanita' o di guerra rischia la stessa sanzione. 

Ora, questa legge ha 2 anni di tempo per essere approvata ed entrare in vigore. Inizialmente sembra totalmente adeguata e giusta: certo, qualsiasi atto di razzismo dovrebbe essere punito!
Ma poi rileggendo bene-premesso che non ho potuto leggere l'atto originale ma solo la notizia riportata dai giornali- mi sembra alquanto ambigua. 

Penso che qualsiasi atto che leda la persona fisica debba essere punito, ma come si fa a proibire ad una persona di esprimere il proprio parere senza incorrere in sanzioni penali? Voglio dire, come si fa a punire con il carcere una persona che usi parole non politically corrected o parole che possano essere considerate razziste? considerate razziste da chi? come si misura il grado di offesa di una parola o frase e come si delinea il limite fra esprimere la propria opinione-per quanto offensiva possa essere- e commettere un oltraggio razzista?

Non sto difendendo chi abbia idee discriminanti-assolutamente no!- ma difendo il diritto di esprimere i propri pensiere piu' o meno opinabili che siano! Sono del parere che le autorita' debbano intervenire in caso una persona venga molestata e offesa pubblicamente: ha assolutamente il diritto di essere tutelata, ma come si puo' mandare in prigione una persona per questo? Allora proibiamo a tutti di esprimere le loro idee, stupide, ignoranti o razziste che esse siano! Credo che i governi della UE potrebbero trovare sistemi migliori e piu' efficaci per fronteggiare il problema del razzismo: come campagne di educazione sul tema delle razze o corsi di multiculturalismo etc. Certo, tutti piani a lunga scadenza, ma non credo proprio che sbattere in cella sia una soluzione, benche' immediata. 

Inoltre, persino chi nega genocidi o crimini di guerra puo' essere condannato al carcere: che dire di quegli studiosi che dibattono sul numero delle morti dei genocidi nella storia? o di chi ha una visione diversa dei crimi di guerra? e' assurdo che non possano esprimere la loro idea e ottenere confronti!

Se ci dovessimo basare su questa legge, come dovrebbe essere giudicata la battuta di Berlusconi "Obama e' bello, intelligente e anche abbronzato?". In un articolo sull'Espresso Umberto Eco afferma che si puo' parlare di razza, ma non alludere e non dire esplicitamente il "colore". E se si fa, si tradisce l'appartenenza ad un ceto sociale piu' basso. Ma chi ha stabilito questa etichetta?

Io dal canto mio, odio questo super moderatismo nel parlare di razze. Nel momento stesso in cui abbiamo paura di pronunciare la parola "negro" o dire "e' nero" e' perche' pensiamo che sia offensivo, che sia discriminatorio: ma la sola idea che lo possa essere fa si che quindi lo sia. Dopo la battuta di Berlusconi-che a mio parere era cosi' poco astuta da poter essere considerata allusivamente razzista- dibattiti e proteste sono stati scatenati: perfetto. Perche' non avere dibattiti, dispute, proteste e libere espressioni invece di zittire tutti quelli che-ahime' per quanto ottusi possano essere- hanno il diritto di (s)parlare?

Un'ultima domanda prima di chiudere e bere il mio Korean rice tea: qualcuno sa perche' l'aggettivo "nippon" e' considerato estremamente offensivo dai giapponesi? Le mie ricerche non hanno avuto successo sino ad ora!

Friday, 21 November 2008

Visa Run

Sono appena tornata dalla mia prima Korean Visa Run in Giappone, Fukuoka, ed ora di nuovo a Seul...

Per chi non sapesse, la Korean Visa Run consiste nel recarsi all' Ambasciata coreana del Paese piu' vicino per ottenere il visto con il quale poter lavorare legalmente in Corea. La cosa assurda-ma quasi divertente-e' che si e' OBBLIGATI a lasciare il Paese e poi rientrare per poter rendere il visto effettivo. Quindi non sarebbe sufficiente recarsi in un ufficio al centro: dopo aver ottenuto il permesso dall'ufficio immigrazione-e spedito tutti i relativi documenti, certificati, referenze etc.-bisogna attraversare il mare, correre all'ambasciata coreana, compilare un modulo, un paio di foto, 6,000 yen e ritornare la mattina successiva per ritirare il passaporto timbrato. Una notte di evasione dalla quotidianita' coreana e per di piu' spesata, in quanto il datore di lavoro di solito dovrebbe preoccuparsi di pagare il biglietto aereo.

In ogni caso: e' fatta. Finalmente ho superato il tedio di una prassi burocratica durata 6 settimane. Di questo noiosissimo ma necessario iter posso pero' salvare la preziosa sensazione di familiarita' una volta tornata in Corea, la scorsa notte. Sensazione del tutto inaspettata. E' stato come se fossi tornata a casa. Non fraintendetemi, adoro il Giappone, penso sia un Paese estremamente affascinante, con una cultura enigmatica e percio' particolarmente attraente. Esteticamente piu' ricco della Corea e anche molto piu' americanizzato. Ne prova il fatto che nell'area di qualche km non ho potuto trovare un ristorante tipico giapponese, ma solo American fast food chains o American Cafe'. Le persone sono cordialissime, gentili e sorridono divertite se uno straniero accenna un saluto in giapponese o un inchino come ringraziamento. Sono particolarmente rispettose e adorabili nel loro modo di behave. 

Eppure, tornata in Corea, gia' dalle prime luci dell'areoporto mi sono sentita avvolta da un senso di sicurezza che non era dovuto al fatto di essere in una citta' meglio conosciuta, ma al fatto di essere NELLA citta'. In Seul. C'e' qualcosa di particolare qui, qualcosa che rende la Corea unica. Forse la genuinita' delle persone, sempre pronte ad aiutarti sinceramente, forse la loro generosita' o la loro ingenuita' quando contano i soldi nella metropolitana o lasciano la porta del negozio aperta mentre sono dal parrucchiere di fronte o mangiano un "kimba" al ristorante vicino. Forse la loro curiosita' ed emozione quando ti fermano per strada perche' vogliono praticare l'inglese o per chiederti "May I help you?" anche quando non hai piu' la faccia smarrita da qualche mese ormai...

C'e' qualcosa d'incontaminato qui, qualcosa che forse si e' perso in Europa: la fiducia nell'altro e il senso palese d'umanita'. Non penso sia qualcosa che altre culture dovrebbero imparare, perche' le realta' sono ben differenti in altri Paesi. Penso solo a quanto sia interessante poter riscoprire e rivivere questo senso di sicurezza qui, in Oriente. Dove proprio non mi sarei mai aspettata. Cosi' lontana da dove sono nata. 

Ma poi che importa la distanza, sono sempre e comunque on the edge.