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Friday, 10 April 2009

Condoglianze

Se per tutto questo tempo mi sono chiesta cosa fosse "il senso d'identita'", cosa significasse identificarsi con una nazione, un luogo o un popolo o whatever, oggi posso dire che e' EMPATIA. Senso di solidarieta' profonda e condivisione.

Almeno e' questo cio' che ho sentito oggi, guardando sul web i funerali di Stato per le vittime del terremoto in Abruzzo. 
E' anche mia la terra che ha tremato, che ha distrutto, che ha ucciso. E' la mia gente, quella che e' morta.




Tuesday, 17 March 2009

If your father is not a minister...

I haven't written anything for a while, so I feel like I should. The truth is that these days I am not able to put in words my thoughts: I have been too busy living. Rushing around, commuting working and planning lessons, but also going out, shopping, seeing new places and trying new drinks. Also, worrying about my future or imaging where our lives will be after South Korea. 

I wanted to write about all of this, but then, every time, all my thoughts get stuck just a bit before reaching the white screen. Then, today I got a kinda inspiration while I was reading the news in La Repubblica and I definitely think this deserves to be mentioned. 

In the page Repubblica.it TV a banner advert with a blinking light caught my attention as there was written: "SE TUO PAPA' NON E' UN MINISTRO, TUO ZIO UN VESCOVO, COMUNQUE HAI SEMPRE JOBS.IT"- "if your dad is not a minister or your uncle a bishop, there is always Jobs.it"(not entirely sure about the name of the site, can't quite remember).

So sad: I have been working as a journalist in Italy for many years without being paid a cent. As soon as I moved to UK and started writing I got paid straightaway. The same in South Korea. Now that I want to feel free to write on my own native language, I sadly realize that nothing has changed. 

The banner made me laugh, though. Clever who made it.

Sunday, 26 October 2008

Timore dell'immobilita'

Quattro mesi fa io e il mio ragazzo ci siamo trasferiti nella Corea del Sud, lasciando l'amata verde Inghilterra per tentare una nuova strada, come un salto nel buio. 
Dieci giorni fa, dopo vari lavori nel No Profit sono riuscita a trovare una posizione come insegnante d'italiano presso una accademia privata di lingua e cultura italiana. Del tutto inaspettato. Ho fatto domanda solo per "fun". 
Ora sto lottando per sopravvivere alle beghe burocratiche che comporta ottenere un visto per lavorare nella Corea del Sud. Cio' significa costanti telefonate all'Ateneo perugino per ottenere vari certificati fra cui il mio diploma di laurea che, a detta dello staff in carica, "ancora non e' pronto". Certo, sono passati solo 4 anni dalla mia laurea, mi pare un po' prestino...
Inoltre, sollecitando un fax come risposta ad un' autorizzazione richiesta dal Consolato Coreano mi e' stato detto-con un tono di totale rassegnazione- "non siamo sicuri di essere capaci di inviare un fax sino alla Corea del Sud".

E qui potrei fermarmi. E risparmiare futili commenti. Invece la loro risposta mi ha fatto sprofondare in una tristezza assoluta. La nostalgia che ogni tanto avverto del mio Paese si e' trasformata in una sensazione di sfiducia e profonda maliconia. Come puo' un Paese vivere in tale immobilita'? come possono le persone chiudere gli occhi di fronte ai cambiamenti e farsi persino "spaventare" da una normalissima richiesta di un fax? forse la Corea risulta nel loro immaginario cosi' irraggiungibile?
Il 25 ottobre c'era un interessante articolo sul Corriere della Sera, intitolato "L'Italia Immobile"
 http://www.corriere.it/editoriali/08_ottobre_25/dellaloggia_22106116-a252-11dd-9d1b-00144f02aabc.shtml
che ben descrive questa sensazione di abbattimento e chiusura che ho percepito a distanza. Un' Italia ombrosa e con segni di decadimento che la maggior parte tende ad ignorare, nel nome dell' "antico e' bello".
Quando chiedo ai miei studenti coreani perche' vorrebbero andare a studiare in Italia, la loro risposta e' spesso la stessa: " Because it's old!"
Accenno un sorriso poco divertito, ma poi penso a quanto esteticamente il mio Paese possa essere attraente e quale incredibile cultura e storia ancora custodisca. E forse mi mancano le viuzze scoscese fatte di sassi, le strade vuote all'ora di pranzo e un espresso macchiato che sa veramente di caffe'. E sentir parlare in italiano e poter rispondere con totale naturalezza perche', hey, questa e' la mia lingua.

Ma allo stesso tempo, sono terrorizzata da questo immobilismo. Mi spaventa l'idea della totale assenza di meritocrazia, l'idea di una comunicazione lenta e faticosa, non solo con il resto del mondo ma anche all'interno dello stesso Paese. Mi spaventa il vecchio. Mi spaventa l'ansia. L'abbattimento. La preoccupazione del futuro perche' si ha paura di dimenticare il passato.
Mi spaventa l'Italia di oggi. E solo pensarci mi fa sentire profondamente italiana, perche' mi genera ansia.
Mi sento italiana piu' che mai stasera, ma forse e' solo un feeling: credo che l'identita' non sia solo un fragile attaccamento al Paese dove si e' nati.

Per oggi e' abbastanza.

Night.